attività culturali 2023


temi di ricerca:

Le armi fenicie di Tharros – Progetto di ricerca di Anna Paola Delogu

Sulla presenza di armamenti nelle sepolture fenicie del Mediterraneo centro-occidentale, varie sono state le ipotesi atte a chiarirne l’origine ed il valore intrinseco. In ogni caso, però, la rarità dei ritrovamenti, tanto in ambito funerario quanto in contesti abitativi, ha costantemente indotto gli studiosi a ipotizzare che la pratica di depositare armi all’interno dei sepolcri fosse da riportare a stimoli culturali e sociali esterni alla civiltà propriamente fenicia. Scopo dello studio portato avanti dall’archeologa dell’Antiquarium Arborense, Anna Paola Delogu  è pertanto,  quello di offrire una panoramica completa degli esemplari di armi fenicie venuti alla luce nelle necropoli e nei centri abitati sardi, al fine di comprendere se realmente tale pratica sia da riportare ad influenze culturali estranee alla componente etnica levantina o, più semplicemente, sia il riflesso di una nuova organizzazione sociale affermatasi nelle colonie fenicie d’Occidente a seguito di una crescente gerarchizzazione della comunità di stampo aristocratico. La presenza di armi nell’isola è attestata in maniera preponderante nel sito di Tharros, ma nell’intera Isola nella fattispecie a Othoca, Bithia e Portoscuso

Un nuovo «centauro» nuragico in bronzo dalla Sardegna – Progetto di ricerca di Raimondo Zucca

Una documentazione fotografica, di non elevata qualità, rinvenuta tra le carte del primo Direttore dell’Antiquarium Arborense, Prof. Giuseppe Pau, ci offre l’unica testimonianza di un singolare bronzo nuragico, che rappresenta un antropozoomorfo bicefalo che reca sulla groppa un modello di nuraghe quadrilobato. Il bronzo dell’antopozoomorfo è dichiarato, dall’annotazione della fotografia, proveniente dal territorio di Siamaggiore (OR), situato nella bassa valle del fiume Tirso, sulla sua riva destra,  a km 6,2 a NE di Oristano.

La statuetta, di cui ignoriamo le dimensioni, rappresenta un antropozoomorfo bifronte, costituito da un tronco fusiforme zoomorfo (privo di notazione degli organi genitali), caratterizzato da due coppie di zampe anteriori, desinente, alle opposte estremità, in due busti antropomorfi, con teste rivolte verso l’esterno, provviste di due tipi distinti di elmo, inquadrate ciascuna dalle due braccia, con mani strette a pugno, levate in alto. Il busto antropomorfo A presenta una testa sferoidale con volto triangolare, caratterizzato da uno schema a T dell’arcata sopraccigliare e del naso a pilastrino, con due occhi a disco cerchiato (?), orecchi rilevati a C retroversa, bocca incavata e mento ben pronunciato, che potrebbe sintetizzare la barba. La testa è sormontata da un elmo a calotta emisferica, ben rilevata sulla fronte, con due corna taurine affusolate che si protendono all’esterno frontalmente ed un ampio pennacchio in lamina che nasce al centro dell’elmo e si prolunga anteriormente allargandosi a foglia, decorata da due bande longitudinali, delimitate da tre incisioni, ricurva sul volto.

La testa si innesta su un robusto collo cilindrico che nasce da un busto squadrato, privo di spalle, da cui si innalzano le due braccia parallele che portano le mani, con le dita piegate al’interno del palmo di ciascuna mano, all’altezza della bocca. Le mani appaiono più sottili delle braccia, forse perché il busto con le braccia sono rivestite da un camiciotto, non ben determinabile anche per la modesta qualità delle immagini. Il busto termina in due zampe cilindriche con zoccolo bifido. Il busto antropomorfo B, all’estremità opposta del busto A, presenta una testa sferoidale con volto triangolare, dotato di un volto triangolare con schema a T, dell’arcata sopraccigliare e del naso a pilastrino, con due occhi a globetto cerchiato, bocca a fossetta tra le labbra plastiche e mento pronunciato, forse a denotare una barbetta. Il capo è coronato da un elmo conico con due piccole corna taurine, ber tornite, e desinenti a punta all’insù. Un robusto collo cilindrico, su cui si innesta la testa, si eleva sul tronco, privo di spalle, da cui si dipartono superiormente le due braccia (innalzate ad inquadrare, all’altezza della bocca, la testa) con le mani che piegano le dita all’interno del palmo di ciascuna mano. Non è escluso che anche questo busto fosse rivestito da una veste. Anche il busto B è dotato di due zampe bovine con zoccoli. Al centro della groppa del mostro zooantropomorfo, provvista di una gualdrappa rilevata sul dorso taurino, si innalza un modello di nuraghe quadrilobato. Il modello presenta un bastione quadrilatero con quattro torrette cilindriche laterali, aggettanti all’esterno rispetto ai quattro spigoli, sormontanti il margine superiore del bastione e terminate da un terrazzo schematico separato da una gola in ciascuna torricella. Lo schema piano-convesso del bastione non prevede il terrazzo su mensoloni lungo le quattro cortine rettilinee.

Al centro si innalza, superando in altezza le torricelle laterali, il mastio cilindrico, rastremato superiormente e privo, per frammentazione, del coronamento a terrazzo.  I modelli nuragici del nuovo antropozoomorfo sardo sono costituiti dai “centauri” di Nule e di Narbolia. Per i tre antropozoomorfi della Sardegna riconosciamo, sulle orme delle analisi di Doro Levi, Massimo Pallottinoe Giovanni Lilliu, paralleli nell’ambito del Vicino e Medio Oriente, di Cipro. Esiti paralleli ai mostri sardi sono riconoscibili nella Grecia e in Etruria, collegati all’elaborazione di modelli orientali, la cui efficacia persiste in fase Orientalizzante.

“L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna, / fin nel Morrocco, e l’isola de’ Sardi, / e l’altre che quel mare intorno bagna”. Le isole del Mediterraneo occidentale, dell’Atlantico iberico e del Marocco tra oralità e scrittura
- Progetto di ricerca di Attilio Mastino e Raimondo Zucca (Università di Sassari)

Prendendo l’avvio dalle isole dell’immaginario mediterraneo e atlantico di Dante proponiamo una riflessione sulle insulae occidentali attraverso le coordinate geografiche, mitostoriche, linguistiche ed epigrafiche della Sardinia et Corsica, delle Baliares, dell’arcipelago gaditano e delle insulae Purpurariae (Mogador, Marocco). Si affronta il tema della geografia antica delle isole occidentali, partendo dall’itinerario mitico eracleo che abbraccia in una antica ruta de las islas le principali isole d’occidente: si esamina il tema delle scritture antiche, delle lingue e delle diverse identità insulari nell’antichità classica. Per la Sardegna il Volksgeist (lo spirito di un popolo) ha forme identitarie che possono essere anche mitiche come la eleuthería (libertà) che l’oracolo delfico vaticinò per i Sardi discendenti dai figli di Herakles, e che ha ispirato una profonda riflessione storiografica qual è la «costante resistenziale» di Giovanni Lilliu. Altra cosa, invece, sono le interpretazioni false dei Realien, ossia, nelle scienze storiche, delle fonti, siano esse documentarie, epigrafiche, archeologiche etc., piegate ad esprimere un mito made in Sardinia, di volta in volta al servizio di interessi spettacolari, massmediologici o semplicemente ideologici. Il richiamo al celebre “Canto di Ulisse” dantesco di If. XXVI, con la terzina dei vv. 103-105, definisce un paesaggio insulare del Mediterraneo occidentale dei Mappamondi, delle carte nautiche e dei portolani medievali cristiani e arabi, così come il paesaggio atlantico, oltre i riguardi posti da Ercule (le Colonne d’Ercole), che era quello d’ un “mondo sanza gente”, dunque privo di isole, ancorché la cosmografia antica vi conoscesse delle isole (in primis le isole dei Beati o Insulae Fortunatae, citate da Dante nel De Monarchia), così come il medioevo con la  Navigatio Santi Brandani e con lo stesso Dante che conosce Gade, l’isola atlantica di Gadir/Gadeira/Gades a 76 miglia nautiche (130 km) ad ovest  delle colonne d’Ercule, fa concludere il folle volo di Ulisse con l’ultimo naufragio davanti alla “montagna bruna / per la distanza e parvemi alta tanto / quanto veduta non avëa alcuna”, ossia all’isola oceanica del Paradiso terrestre. Prendendo l’avvio dalle isole dell’immaginario mediterraneo e atlantico di Dante proponiamo una riflessione sulle insulae occidentali attraverso le coordinate geografiche, mitostoriche, linguistiche ed epigrafiche della Sardinia et Corsica, delle Baliares, dell’arcipelago gaditano e delle insulae Purpurariae (Mogador, presso Essaouira-Marocco). Un punto di partenza sulla geografia antica delle isole può essere costituito dal “canone” delle isole, fondato dalla geografia greca, in cui il primo posto era stato assegnato alla Sardegna: Erodoto, nella narrazione della rivolta ionica, ricorda che “Biante di Priene nel Panionio consigliava che con una flotta comune gli Ioni salpassero e navigassero verso Sardò e poi fondassero  una sola città di tutti gli Ioni e così, liberatisi dalla schiavitù [dei Persiani], avrebbero avuto una vita felice, abitando la più grande di tutte le isole”. Evidentemente il “canone” delle isole, si era formato entro il V secolo a.C. se Erodoto riconosceva in Sardò  (Sardegna) la più grande di tutte le isole in confronto alle altre.

Lord Vernon nella Piccola California (Storia di nobili e di scavi archeologici alla metà del XIX secolo) – Progetto di Ricerca di Raimondo Zucca

Il tema di ricerca ha indagato la storia degli scavi archeologici a Tharros nella prima metà del XIX secolo, partendo dall’attività portata avanti da George John Warren, quinto barone di Vernon. Il tema, ha visto i risultati presentati durante il convegno svoltosi il 28 settembre e una mostra che ha inaugurato nello stesso giorno.

Da  אֱלִישָׁה‎ (Elishah) alla Terra di כְּנָעַן (Canaan) all’ ΑΡΓΥΡΟΦΛΕΨ ΝΗΣΟΣ (isola dalle vene d’argento), tra il 1200 e l’800 a.C.  – Progetto di ricerca di Anna Paola Delogu

Il tema di ricerca indaga la complessità degli scambi tra Oriente e Occidente lungo la rotta delle isole, le  relazioni tra Cipro (Elishah), la terra di Canaan e la Sardegna (ἀργυρόφλεψ νῆσος), articolato negli anni recenti in numerosi studi, incentrati prevalentemente in un rapporto bilaterale da un lato   fra Cipro e la Sardegna e dall’altro fra la Filistea e la stessa Sardegna, può essere focalizzato in un quadro trilaterale che raccorda Cipro, la terra di Canaan e la Sardegna, lungo rotte tradizionali appoggiate a porti che la ricerca archeologica ha individuato.

La posizione tradizionale degli studi sulla questione, di mezzo secolo addietro, può essere sintetizzata da una pagina di Ferruccio Barreca, Soprintendente archeologo della Sardegna, tra il 1968 e il 1986:

“Nel secolo XII a. Cr., dopo che l’ondata migratoria delle genti note come “popoli del mare” ebbe sconvolto i paesi del Mediterraneo orientale, fiaccando la potenza ittita, mortificando quella egiziana e vibrando un colpo mortale al commercio marittimo miceneo, gli abitanti semitici della costa libanese, che avevano elaborato la grande civiltà cananea, acquistarono la loro definitiva fisionomia nazionale e divennero il popolo dei Fenici. (…) Per secoli i contatti con quelle terre [Italia centro occidentale ed estreme regioni occidentali del Mediterraneo] erano stati monopolizzati dai popoli indoeuropei di cultura micenea ma, venuta meno quella talassocrazia con il profondo rivolgimento politico ed economico prodotto dall’invasione dei “popoli del mare”, i commerci marittimi mediterranei entrarono in una fase di crisi di cui seppero prontamente approfittare i Fenici, raccogliendo e potenziando abilmente l’eredità micenea.”

Con tali parole il Barreca, allineandosi alle posizioni della vulgata storiografica sui Fenici, quarantacinque anni or sono, connetteva direttamente l’insorgenza del commercio fenicio con la fine del potere palaziale miceneo, intorno al 1200 a. C., postulando l’inserimento delle città fenicie e di Tiro in particolare sulle rotte micenee, anche in considerazione della cronologia, affermata dalle fonti classiche di età ellenistica, al XII secolo a.C. delle primitive fondazioni fenicie dell’occidente, quali Utica, Gadir e Lixus.

Lo sviluppo della ricerca ha, negli anni ottanta del ventesimo secolo, mutuato dalla storiografia greca il concetto di “precolonizzazione fenicia” in relazione alla sostanziale assenza di documentazione di colonie fenicie risalenti allo scorcio del II millennio a. C.

Questo lavoro propone invece di analizzare un milieu estremamente più articolato, rivalutando il ruolo delle differenti componenti orientali ed egee nello spazio di tempo tra 1200 (caduta dei palazzi micenei) e l’800 a. C. (inizio della colonizzazione tiria nel Mediterraneo e nell’Atlantico), in cui non appare enucleabile nella documentazione archeologica una presenza fenicia in ambito del Mediterraneo centrale e occidentale, di contro al complesso di attestazioni, soprattutto in Sardegna ma anche nella Penisola italica e nella Sicilia, riferibili ad ambito cipriota, cretese e filisteo, che sembra essere vitale nel quadro della ripresa delle rotte micenee del periodo palaziale verso il Mediterraneo centrale e occidentale.

Un vaso cultuale dei santuari sardi dell’acqua del Ferro I: le anfore piriformi a falso versatoio – Progetto di ricerca di Anna Paola Delogu

Il progetto di ricerca intrapreso di recente, evidenzia che le anforette piriformi a falso versatoio, contrariamente alla opinione corrente che limitava la distribuzione della anfore piriformi esclusivamente all’area del Medio-Campidano, mostra una diffusione di tale tipologia anche nell’Oristanese- Parte Guilcier e, seppure limitata, nel Logudoro-Meilogu.
Le anfore piriformi costituiscono una introduzione di un nuovo tipo nella ceramica vascolare nuragica della Prima età del Ferro.

La più antica scoperta del tipo, dovuta ad Antonio Taramelli, avvenne nel 1918, nel santuario di Sant’Anastasia di Sardara. Il Taramelli osservò la novità della forma nella Sardegna nuragica, pur rilevando che negli scavi del santuario di S. Vittoria di Serri aveva rinvenuto frammenti di tali anforette. I confronti evocati per tale forma si spingono alla cultura cicladica, ma per quanto concerne il falso versatoio semicircolare il Taramelli evidenzia i raffronti con tombe del Bronzo Finale delle necropoli di Monte Dessueri, Tantalica e del Finocchito della Sicilia meridionale, in cui il versatoio è funzionale ad un filtro interno del vaso, probabilmente per filtrare le impurità di una bevanda (birra, idromele?). Gli studi successivi hanno evidenziato che il modello di vaso con crivello (o filtro) dotato di versatoio va riconosciuto in ambito miceneo e cipriota, da cui passò in Sicilia e in area filistea.
Per la Sardegna l’atrofizzazione del versatoio e la mancanza del filtro nelle anforette in questione dimostrano che la funzione del vaso dovette essere differente dai prototipi.

Potrebbe ipotizzarsi che il modello di vasi a filtro sia stato acquisito dai Sardi a Cipro o in area filistea, forse insieme alla fiasca del pellegrino.

di villaggio (Monastir, villaggio di Is Obias; Barumini, villaggio del nuraghe Su Nuraxi: esemplari dai vani 36 e 135; Isili, area del villaggio del nuraghe Is Paras; Villanovaforru, Genna Maria, vani 11 e 13; Il vaso piriforme con finto versatoio, provvisto di piccole anse talora disposte a coppie contrapposte o prese forate orizzontalmente o verticalmente, spesso riccamente decorato, nel corso della I Età del Ferro (IX-VIII secolo a.C.), fu verosimilmente non destinato all’uso quotidiano ma prevalentemente legato alla sfera del sacro.

Nell’Antiquarium Arborense è conservato un esemplare, forse dal territorio del Sinis, miniaturistico, in bronzo, di anforetta piriforme con finto versatoio, a base distinta dal corpo e con due coppie (?) di anse contrapposte, provviste di due cordicelle che negli esemplari fittili ne consentiva il trasporto su una spalla, come nel caso delle fiasche del pellegrino di minuscole dimensioni, in bronzo (dei quali tre esemplari, forse dal Sinis, sono presenti in esposizione. L’anforetta in bronzo è dotata superiormente di un anellino per la sospensione).

Deve rimarcarsi che nei seguenti casi le anforette piriformi a falso versatoio sono state rinvenute in ambiti sacri (templi a pozzo, pozzi per la deposizione di vasi rituali, fonti sacre, templi): Bonorva: fontana Lumarzu, presso Rebeccu; Sorradile, tempio nuragico di Su Monte; Solarussa: fonte nuragica di Pidighi; Suelli, sacello del Nuraghe Piscu; Sardara, santuario di Sant’Anastasia; Serri, santuario di Santa Vittoria; Guamaggiore / Guasila, pozzo cultuale presso il Nuraghe Barru.

In altri casi tali anforette con finto versatoio sono state individuate in contesti Oristano, villaggio di Nuracraba; Oristano- Nuraxinieddu, villaggio di Su Cungiau ‘e Funtana; Bauladu, villaggio del nuraghe Santa Barbara; Abbasanta, villaggio del Nuraghe Losa; Sedilo, villaggio di Iloi (forse legato al rituale di fondazione di un edificio); Torralba, Santu Antine; Torralba, villaggio nuragico di Santu Antine.

Stele e cippi di età romana del Sinis – Progetto di ricerca di Lucio Deriu

Si tratta di acquisizioni legate, in parte, a vicende giudiziarie e provenienti dall’area del Sinis e più precisamente dai due nuraghi residui di Bidda Maiore 1 e Bidda Maiore 2.

I ritrovamenti sono avvenuti in maniera casuale durante opere di aratura dei terreni circostanti le strutture murarie.

Oggetto della ricerca è stato oltre quello della creazione di un corpus delle stele presenti nei magazzini dell’Antiquarium, quello di mettere in relazione tutti i materiali coevi conosciuti e presenti in altre strutture museali isolane.

Tutti le stele in oggetto sono state scolpite in altorilievo nella tenera pietra di arenaria e caratterizzate dalla forma trapezoidale, molto presente in tutto il litorale antistante i nuraghi e, verosimilmente facenti parte di una antica necropoli punica del V/ IV secolo a.C. ed aventi come tema principale la rappresentazione di un viso, verosimilmente quello che doveva rappresentare il defunto.

I canoni stilistici si possono riassumere in diverse tipologie e soprattutto nella fattezza e precisione che il lapicida ha voluto dare a tali artefatti delle dimensioni che vanno da circa 20 centimetri di altezza ai quasi 40 centimetri, con spessore medio di 10 centimetri. Purtroppo, la mancanza di uno scavo archeologico condotto con i dettami della corretta metodologia non consentono maggiori e puntuali conoscenze sulla reale situazione di questa area di sepoltura distante dal centro maggiore che è Tharros. Allo stato attuale della documentazione, la stilizzazione dell’iconografia e l’uso dell’incisione sembrano essere i mezzi di espressione più congeniali a questa cultura, che mi sembra peraltro in grado di dar luogo a prodotti di elevato significato artistico.

Le lucerne romane dell’Antiquarium arborense – Progetto di ricerca di Maurizio Concas

Il progetto – Le lucerne romane dell’Antiquarium arborense ” propone un’indagine esaustiva sulle lucerne romane conservate presso l’Antiquarium Arborense, di Oristano. Questo progetto, sviluppato in collaborazione con il Prof. Raimondo Zucca, mira a identificare, confrontare e schedare tutte le lucerne romane presenti nelle collezioni Pischedda, Giuseppe Pau, Sanna-Delogu e Angelo Carta. Attraverso l’analisi delle lucerne, si intende esplorare non solo aspetti artistici e tecnici, ma anche approfondire le dinamiche sociali, culturali e religiose della società tharrense durante l’epoca romana. Il lavoro consiste nella schedatura, catalogazione, includendo informazioni quali dimensioni, decorazioni e iscrizioni la composizione dei materiali, gli stili e le tecniche,  l’individuazione delle officine di produzione. Un aspetto cruciale riguarda l’analisi iconografica, storica e simbolica, compreso il significato e il contesto delle rappresentazioni artistiche. Infine, il progetto prevede la divisione sistematica delle lucerne per tipologia, officina e temi rappresentati. Questa classificazione permetterà di individuare schemi ricorrenti, sviluppare una migliore comprensione della produzione e dell’uso delle lucerne romane nella società tharrense. L’obiettivo finale di questa ricerca è quello di contribuire in modo significativo alla conoscenza della storia e della cultura della società tharrense durante l’epoca romana. Attraverso un’analisi multidisciplinare e approfondita per far emergere nuove prospettive sulla vita quotidiana, sulle credenze religiose e sulle dinamiche culturali di questo antico popolo.

L’askos fenicio configurato a cavaliere da Tharros nell’Antiquarium Arborense – Progetto di ricerca di Anna Paola Delogu

Da Tharros durante gli scavi effettuati per la costruzione dei primi edifici di San Giovanni di Sinis, alla fine del secolo XIX, vennero messe in luce delle tombe fenicie a cremazione in fossa. Nel corredo appartenente ad una di queste, si trovava un askòs configurato a cavallo guidato con le briglie da un cavaliere assiso, presumibilmente nudo, che non si esclude possa riferirsi a una iconografia umana o divina di un cavaliere – guerriero, pervenuto al Museo di Oristano per donazione della collezione Cominacini – Boy. Il cavaliere ignudo potrebbe meglio attribuirsi ad un ambito divino: in Sardegna, a Gurulis Vetus (Padria), nel secolo XIX fu rinvenuto un bronzo di: cavaliere armato di corazza che stava seduto a cavallo, con Pileo in testa colla sinistra in atto di sostenere il freno del cavallo, trovato in Padria, dono del fu Pievano Prunu. La presenza del pileo richiama naturalmente l’iconografia dei Dioscuri, in nudità eroica, che potrebbe avere tratto in inganno Giovanni Spano inducendolo a considerare la partizione della muscolatura del torace come una lorica. Resta inteso che il mancato riscontro del bronzo nella collezione Spano del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari rende incerti sulla cronologia del manufatto, che potrebbe essere di ambito ellenistico romano piuttosto che punico. L’askos dell’Antiquarium Arborense  risulta lavorato al tornio sia nel cavallo il cui muso forato funge da versoio, sia nel cavaliere con il corpo globulare su cui si innesta la testa (connotata dagli occhi a mandorla, dal naso rilevato, dalle orecchie a semicerchio riportato e dalla barbiche en pointe, con la calotta cranica aperto per il riempimento dell’askos) con le braccia fuse alle redini e le gambe ritratte all’indietro per meglio assicurare l’aderenza del cavaliere alla groppa del cavallo, montato a pelo. L’askos, seppure apparentato agli askoi fenici zoomorfi ed in particolare ornitomorfi della stessa necropoli di Tharros, costituisce un unicum confrontabile sul piano iconografico ma non su quello tecnologico della lavorazione al tornio con una statuetta di cavaliere della necropoli di Tiro dell’VIII sec. a. C. benché il nostro askos possa riportarsi più plausibilmente nell’ultimo IV di VII sec. a.C. in base alle ceramiche fenicie della collezione Cominacini Boy associate presumibilmente ad esso.

Giostre e tornei equestri nelle Città Regie della Sardegna tra XVI e XXI secolo – Progetto di ricerca di Maurizio Casu

Il tema ricerca è oggetto di un Dottorato di Ricerca presso l’Università Jean Jaurès di Tolosa.

La Sardegna, sotto il dominio politico e amministrativo della corona spagnola dal 1420, mutua dalla penisola iberica una serie di manifestazioni culturali che lasciano un segno indelebile, a cominciare dalla lingua ma anche dalle espressioni della vita popolare e religiosa come le sacre rappresentazioni della Settimana Santa che si celebrano ancora oggi. Nel XVII secolo, le feste barocche, come le celebrazioni del siglo de oro in Spagna in occasione di eventi religiosi o civili, come il ritrovamento di reliquie, il matrimonio o la nascita di principi eredi al trono di Spagna, offrivano imponenti spettacoli equestri, attestati nei comuni di Cagliari, Sassari, Iglesias e Oristano. Quelli che chiamiamo “Città Regie” (le quattro città reali) hanno la particolarità, a differenza del resto dell’isola, di essere sfuggite alla feudalizzazione a favore della nobiltà spagnola. Sotto il controllo reale, questi importanti centri urbani sono governati da Consigli regolati da specifici statuti che conferiscono a queste città una forte identità politica e socio-economica. I festival organizzati in queste città riflettono quindi una decisa evoluzione politico-sociale. L’osservazione e l’interpretazione di documenti relativi alla fenomenologia della giostra e del torneo equestre durante le celebrazioni solenni in Sardegna, costituisce una novità perché, nonostante la frequenza e l’importanza di questi eventi, nessuno studio ha finora preso in considerazione tutti questo tipo di dimostrazione e non ha fatto paragoni.

Il culto dell’acqua in Sardegna. Patrimonio culturale e spazio interculturale nel Mediterraneo – progetto di ricerca di francesca loi 

Il tema ricerca è oggetto di un Dottorato di Ricerca presso l’Università Jean Jaurès di Tolosa.

Obiettivo della tesi è studiare la tradizione, la pratica, la fenomenologia, i significati e la permanenza del culto dell’acqua in Sardegna come patrimonio materiale e immateriale, culturale e transculturale. Tutti i territori della Sardegna, infatti, ne conservano traccia culti scomparsi, identificabili nella toponomastica, idronimia, siti archeologici, leggende e altre tradizioni popolari, o ancora vive, attraverso pratiche e luoghi assimilato al culto cristiano dei santi.
Le questioni sollevate sono legate al ruolo del patrimonio culturale immateriale in un territorio Illirici come la Sardegna, abitata fin dalla preistoria e occupante un posto strategico nel Mediterraneo, che vide l’insediamento di varie civiltà: fenicia, cartaginese, romana, Vandalo, bizantino, ecc.

Un popolo in festa: feste e celebrazioni nella città di Oristano e nel suo territorio – progetto di ricerca di Francesco Obino

Il tema ricerca è oggetto di un Dottorato di Ricerca presso l’Università Jean Jaurès di Tolosa.

Lo scopo della ricerca è quello di indagare sulle molteplici feste e celebrazioni che nel corso dei secoli, hanno scandito e scandiscono tutt’ora i diversi mesi dell’anno, nella città di Oristano e nel suo territorio.

La ricerca si è focalizzata e si sta definendo nell’indagare le feste portate avanti dai Gremi della città di Oristano, al fine di creare una base di studio sulla realtà gremiale oristanese.

La Sartiglia di Oristano, espressione di una manifestazione storica collettiva: trasmissione, ricezione, evoluzione – PROGETTO DI RICERCA DI NADIA USAI

Il tema ricerca è oggetto di un Dottorato di Ricerca presso l’Università Jean Jaurès di Tolosa.

Lo scopo della ricerca è quello di far conoscere la Sartiglia, storica manifestazione che si svolge nella città di  Oristano dalla XVI secolo e di mostrare il percorso evolutivo compiuto a livello comunicativo nella trasmissione della stessa. La Sartiglia, corsa all’anello di origine cinquecentesca, è una delle ultime corse all’anello che ancora si corrono in area mediterranea. Il termine Sartiglia, dal castigliano “Sortija” e dal catalano “Sortilla” ha origine dal latino sorticola, anello, ma anche dal diminutivo di “sors”, ossia fortuna. Nell’etimologia del termine è racchiuso il senso della giostra: una corsa all’anello strettamente legata alla sorte, alla fortuna, ai riti pagani propiziatori di fertilità della terra, una forma di pubblico spettacolo, organizzato allo scopo di intrattenere e divertire gli spettatori. I più antichi riferimenti riguardanti la storia della Sartiglia di Oristano, sono custoditi nell’Archivio Storico cittadino, in un registro di consiglieria datato 1547-48 in cui si parla di una sortilla organizzata in onore dell’Imperatore Carlo V, probabilmente nel 1546. È in una cronaca del 1722cheè riportata la più antica testimonianza della corsa alla stella vera e propria; infatti se tutti gli altri documenti testimoniano di sortillas, inserite nella genericità delle corse all’anello, solo il documento sopra citato descrive la corsa all’anello nella variante della stella“…labradores corriendo la estrella”. Dai documenti a oggi conosciuti si può supporre che l’istituzionalizzazione della Sartiglia di Carnevale sia avvenuta a partire dal XIX secolo, ma che già nella seconda metà del settecento l’organizzazione sia stata demandata ai Gremi, le antiche corporazioni di mestiere, nate durante la dominazione spagnola. Oggi la Sartiglia di carnevale continua a corrersi senza soluzione di continuità ed è a pieno titolo inserita nel patrimonio cultural e non solo sardo ma più ampiamente italiano, pur restando espressione dell’identità e della tradizione del popolo oristanese.

Oristano un secolo dopo – progetto di ricerca a cura di Francesco Deriu Stefano Ferrando

Gli archivi fotografici storici sono uno strumento fondamentale per indagare la storia del paesaggio e delle città. Al contempo la fotografia come ci insegna la grande esperienza italiana dei maestri degli ultimi decenni Guidi, Ghirri, Basilico solo per citare alcuni nomi è uno strumento formidabile per comprendere i cambiamenti del paesaggio contemporaneo. Come si indagano le serie storiche cartografiche o ortofotografiche così per documentare il processo evolutivo possono essere interrogate le serie fotografiche a patto di avere dei soggetti confrontabili. Da queste considerazioni nasce l’idea di rifotografare dopo circa un secolo alcune cartoline di Oristano di inizio novecento. Il presupposto è che l’indagine applicata ad una cittadina di provincia come Oristano possa essere rappresentativa di cosa sia successo negli ultimi cento anni nell’Italia del Sud ai centri abitati di piccola media grandezza. Comprendere inoltre le specificità della Sardegna e di Oristano. Per realizzare questo progetto in modo critico si è dato mandato ad un fotografo professionista Stefano Ferrando e a un dottore di ricerca in architettura Francesco Deriu partendo da una base di circa 20/30 immagini storiche. L’obiettivo è produrre una pubblicazione cartacea che documenti attraverso il confronto diretto tra foto storica e foto attuale, scattata con il medesimo punto di vista e la medesima inquadratura, un doppio ritratto composito della città di inizio secolo scorso e di oggi. A questo materiale si accompagneranno riflessioni critiche e altro materiale di analisi. È fondamentale produrre un documento materiale che avvii in modo rigoroso una indagine nel tempo, documentando i punti di ripresa e gli strumenti utilizzati per l’inquadratura per consentire tra qualche decennio di poter fare una nuova serie di foto, che in modo analitico possa dare conto del divenire della città. Oristano in questo senso diventa un soggetto studio di una metodologia ancora poco applicata in modo sistematico. 

CONVEGNI E INIZIATIVE:

Convegno internazionale di studi “Lord Vernon e la città di Tharros”

Una giornata di studio dedicata a George John Warren, quinto barone di Vernon, e alla storia delle sue scoperte nell’antica città di Tharros. L’iniziativa è dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Oristano, della Fondazione Oristano e dell’Antiquarium Arborense, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura della Regione Sarda, le Università di Cagliari e Sassari e la Fondazione Mont’e Prama, il doppio appuntamento culturale si articolerà tra il convegno internazionale dal titolo “Lord Vernon e la città di Tharros”, in programma all’Hospitalis Sancti Antoni a partire dalle 10, e la mostra “Lord Vernon nella piccola California di Tharros” la cui inaugurazione è fissata per le 19 all’Antiquarium arborense.

Nel corso della giornata, il Sindaco Massimiliano Sanna e il Direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia Valentino Nizzo ha firmato la convenzione “Tular Rasnal” che intende valorizzare su tutto il territorio italiano le culture dell’Italia preromana e in particolare quella etrusca e incentivare interventi di grande respiro tra i quali, prioritaria nell’ottica del consolidamento del Sistema Museale Nazionale, la costruzione di un circuito virtuoso di apertura alla fruizione e al godimento del patrimonio culturale. La giornata si è incentrata sulla figura di Lord Vernon che nel 1851 scoprì quattordici tombe a camera cartaginesi trovando un vero e proprio tesoro di corredi funerari, composti di oreficerie, scarabei, bronzi e prezioso vasellame. Gli scavi del Lord Inglese, furono causa della corsa all’oro a Tharros. Infatti nell’aprile 1851 dopo la notizia degli scavi gli abitanti dei villaggi vicini effettuarono il vandalico scavo di cento tombe a camera distruggendo per il futuro la nostra conoscenza dei contesti.
La storia racconta di più di 500 uomini divisi in società che per più di tre settimane giorno e notte furono occupati a depredare Tharros dei suoi tesori che erano tanto ricchi da procurarle il titolo di “Piccola California”.

convegno “La città e il suo doppio: il cimitero”

Oristano e il suo doppio: il cimitero”.
È il titolo del convegno organizzato dalla Fondazione Oristano e dalla rivista Aristana che si è tenuto sabato 25 novembre, dalle 9, nell’auditorium dell’Hospitalis Sant’Antoni.

L’incontro ha offerto l’occasione per la presentazione di alcuni dei contributi culturali che avranno spazio tra gli articoli del secondo numero della rivista Aristana edita dalla Fondazione Oristano con cadenza annuale.

Nata per contribuire a diffondere in un contesto multisfaccettato, argomenti di cultura locale e di ampio respiro, la rivista, che ha cadenza annuale, ha preso vita nei mesi scorsi con la presentazione del primo numero dedicato ai 200 anni della Strada Reale Carlo Felice.
Il secondo numero sarà dedicato ai cimiteri e il convegno consentirà di affrontare in anteprima alcuni dei temi che saranno approfonditi nelle pagine di Aristana.
La presenza, tra coloro che hanno aderito ai primi due numeri, di personalità culturali che danno lustro al panorama culturale regionale e nazionale conferiscono ai contenuti un respiro più ampio di quello strettamente locale.
Una precisa procedura di valutazione dei contenuti contribuisce al proposito di ottenere il riconoscimento della qualità scientifica dall’istituto ANVUR, rappresenta ulteriore punto di interesse dell’iniziativa editoriale della Fondazione Oristano.

Il convegno nasce quindi come opportunità di comunicare lo stato dei lavori di Aristana, del suo comitato scientifico e di coloro che hanno risposto con entusiasmo alla richiesta di partecipazione al secondo numero e si ripropone di diventare un appuntamento annuale di accompagnamento alla composizione del numero di Aristana che uscirà l’anno successivo.

Hanno preso parte al convegno il Sindaco di Oristano Massimiliano Sanna, l’Assessore alla Cultura Luca Faedda, il Presidente della Fondazione Oristano Carlo Cuccu, il Coordinatore della redazione Francesco Deriu. Introdurrà i lavori il Direttore scientifico della rivista Marco Cadinu.

Oristano Aegean Seminar – 5° e 6° appuntamento 

Mercoledì 15 marzo e il giorno 17 aprile nel Chiostro del Carmine, ex complesso conventuale dei Carmelitani edificato nel XVIII secolo, sede della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici “Nesiotikà – Insulae Maris Nostri et Externi“di Oristano, si sono tenuti gli Oristano Aegean Seminars.
I seminari, organizzati dal centro CIRCE, prevedono gli interventi della professoressa Metaxia Tsipopoulou, Ph. D. Director emerita Hellenic Ministry of Culture, su Petras, Siteia (Creta orientale): la necropoli intatta di un’élite palaziale; un paesaggio della memoria attraverso i secoli (2900-1700 a.C.)del professor David W. Rupp, Professor emeritus, Brock University, su Halasmenos, Ierapetra: a late minoian IIIC (12th century BC) settlement in east Crete della dottoressa Nadia Canu, direttrice della Fondazione Mont’e Prama, su Sardegna, storie di pietra.

Il Centro CIRCE (Centro Internazionale per la Ricerca sulle Civiltà Egee “Pierre Carlier”), inaugurato a Oristano nel 2022, nasce dalla collaborazione fra l’Università degli Studi di Sassari, il Consorzio UNO (Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università di Sassari) e il Comune di Oristano e ha la sua sede nel Museo Antiquarium Arborense di Oristano. L’interesse dell’Università di Sassari alla creazione di un centro di ricerca sulle civiltà egee in Sardegna si deve non solo all’esistenza di noti manufatti di importazione cipriota e ai famosi lingotti ox-hide di uguale provenienza, ma soprattutto alle più recenti acquisizioni, che vedono la Sardegna sempre più protagonista negli scambi, nei commerci e, in alcuni casi, nelle vicende relative a Cipro, a Creta e al Mediterraneo Orientale fra XV e XI secolo a.C.: i ritrovamenti di ceramiche nuragiche a Kommos (Creta) e, più recentemente, le scoperte di Pyla-Kokkinokremos (Cipro) e di Antas Fluminimaggiore, dove è stato rivenuto uno spillone in bronzo di fattura locale con iscrizione in scrittura cipriota “classica”. Dedicato a Pierre Carlier, insigne storico del mondo greco prematuramente scomparso e profondo conoscitore della società micenea, il Centro ospita il “Fondo archivistico-librario Jean-Pierre Olivier – Frieda Vandenabeele”, costituito dagli archivi e dalle biblioteche personali che i due studiosi hanno generosamente donato al Centro.

 

Archivio in primavera

Quattro appuntamenti, uno al mese per quattro mesi, per raccontare un pezzo della storia di Oristano attraverso la carte d’archivio. È “Archivio in primavera”, iniziativa a cura dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Oristano, della Fondazione Oristano e dell’Archivio Storico comunale, che dal 21 marzo al 9 giugno ha offerto alla città quattro eventi dedicati a fatti o personaggi che caratterizzano la storia della città. La manifestazione, in omaggio al suo titolo, è stata inaugurata il 21 marzo, primo giorno di primavera, con una conferenza dedicata al ginnasio. Gli altri appuntamenti sono stati dedicati a San Cristoforo, patrono dei pellegrini, che dà il nome alla Torre di Mariano in piazza Roma, e al pittore Carlo, per finire a giugno con la Notte degli Archivi e una conferenza su Sant’Archelao.

Sardegna ispanica. Cultura e istituzioni della Sardegna in età spagnola dal XIV e XVIII secolo.

Giovedì 30 marzo, alle 18.30, all’Antiquarium Arborense di Oristano, si è tenuta la presentazione del volume “Sardegna Ispanica”, di Francisco Elìas de Tejada, in una edizione curata dal professor Giovanni Turco. “Sardegna ispanica” presenta una trattazione della cultura e delle istituzioni della Sardegna in età spagnola dal XIV e XVIII secolo, una analisi che si sofferma sulle espressioni letterarie, le dottrine politiche e le ricostruzioni storiografiche, dedicando una cura particolare allo studio del pensiero giuridico e dell’impianto istituzionale e in particolare dei Parlamenti. Di questi, Tejada focalizza il carattere rappresentativo, quale segno di libertà e via di autonomia, nel contesto di una federazione di regni retta da una comune dinastia. Dall’analisi dell’autore, l’ispanità, di cui sono testimonianza autori, temi e ideali, connota la traiettoria del Regno di Sardegna, non come esito della meccanica del dominio, ma segno di vitalità della partecipazione.

SEMINARIO: I materiali della prima età del Ferro dell’Antiquarium Arborense

Venerdì 16 giugno si è tenuta la prima data di un ciclo di seminari di archeologia che avranno per tema: “la Sardegna nel Mediterraneo tra prima età del ferro ed età arcaica”, dal titolo Acqua e vino, simboli e ritualità – i materiali della prima età del Ferro dell’Antiquarium Arborense.
Relatori Anna Paola Delogu e Raimondo Zucca.

 

SEMINARIO: Il primo scavo a Mont’e Prama

Giovedì 22 giugno, alle 19,30, all’Antiquarium Arborense, secondo appuntamento del ciclo di seminari di archeologia su “la Sardegna nel Mediterraneo tra prima età del ferro ed età arcaica”.
Il Professor Giovanni Ugas dell’Università di Cagliari parlerà del primo scavo di Mont’e Prama.

seminario: L’insediamento nuragico di Brunku ‘e s’Omu”

Terzo appuntamento del ciclo di seminari di archeologia su “la Sardegna nel Mediterraneo tra prima età del ferro ed età arcaica”.

Il professor Riccardo Cicilloni dell’Università di Cagliari ha parlato dell’insediamento nuragico di Brunku ‘e s’Omu situato in località Mitza Margiani, ubicato nel versante orientale del Monte Arci nel Comune di Villa Verde (Oristano).

seminario: I materiali della prima età del Ferro del Museo archeologico di Villanovaforru

Quarto appuntamento del ciclo di seminari di archeologia su “la Sardegna nel Mediterraneo tra prima età del ferro ed età arcaica”

Giacomo Paglietti, direttore del museo e parco Genna Maria,ha raccontato dei materiali della prima età del Ferro del Museo archeologico di Villanovaforru.

seminario: LA SARTIGLIA DI ORISTANO TRA STORIA E TRADIZIONE

La Fondazione Oristano, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Oristano, ha partecipato alle Giornate Europee del Patrimonio con il seminario sulla “La Sartiglia di Oristano tra storia e tradizione” in programma venerdì 22 settembre, alle 18, all’Antiquarium Arborense.

“Le Giornate Europee del Patrimonio (European Heritage Days) sono la più estesa e partecipata manifestazione culturale d’Europa. La Fondazione Oristano ha partecipato con un momento di approfondimento dedicato alla giostra equestre per raccontarne la sua lunga storia e i suoi ricchi cerimoniali che costituiscono un complesso sistema di valori culturali, tradizioni, pratiche, modi di vivere e forme di conoscenza ereditate dalle generazioni passate che giungendo sino ai nostri giorni, si proiettano verso il futuro”.

Il programma del seminario ha previsto, dopo i saluti istituzionali del Sindaco Massimiliano Sanna, dell’Assessore alla Cultura Luca Faedda e del Presidente della Fondazione Oristano Carlo Cuccu, gli interventi di Monsignor Antonino Zedda, Archivista Diocesano e Delegato Ecclesiastico per il Gremio dei Falegnami di San Giuseppe,  sul carattere religioso di alcuni passaggi del cerimoniale della Sartiglia, dell’archivista Ilaria Urgu sulla giostra oristanese come espressione dell’eredità spagnola, del Responsabile del Centro Documentazione Sartiglia Maurizio Casu che ha proposto una sintesi delle principali tappe che hanno segnato la storia della Sartiglia e dello studioso Francesco Obino sui caratteri del carnevale nella Sartiglia.

seminario: Sardi e Fenici nel Sinis e nel Campidano di Milis.

Nuovo appuntamento del ciclo di seminari di archeologia su “la Sardegna nel Mediterraneo tra prima età del ferro ed età arcaica”, dal tema: “Nuragici” e “Fenici” in contrappunto. I Sardi dell’età del Ferro nel Sinis e nel Campidano di Milis.
Relatore  l’archeologo Alfonso Stiglitz.



Conferenza: Sulla rotta di Enea. Heinrich Schliemann e l’archeologia dei profughi troiani in Occidente”

Massimo Cultraro, archeologo, dirigente di ricerca presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche e docente di Preistoria e Archeologia Egea all’Università di Palermo, è stato il vincitore del I Premio Letterario Nazionale “Il Romanzo dell’Archeologia” bandito dalla Fondazione Oristano. Il bando del I Premio Letterario Nazionale “Il Romanzo dell’Archeologia”, si riferisce alle vicende umane degli archeologi che hanno costruito la conoscenza del passato tra il XVIII e la prima metà del XX secolo. Il titolo del premio “Il romanzo dell’archeologia” si riferisce alle vicende umane degli archeologi che hanno costruito la conoscenza del passato tra il XVIII e la prima metà del XX secolo.  Mercoledì 25 ottobre, alle 19, Cultraro è stato premiato all’Antiquarium arborense in occasione dell’appuntamento con gli Aperitivi Archeologi di cui sarà anche relatore con una conferenza dal titolo “Sulla rotta di Enea. Heinrich Schliemann e l’archeologia dei profughi troiani in Occidente”.

conferenza: L’insediamento villanoviano dell’isola di Tavolara e le rotte da e per la Sardegna nella prima età del Ferro

La conferenza “L’insediamento villanoviano dell’isola di Tavolara e le rotte da e per la Sardegna nella prima età del ferro”. Relatori la Professoressa Anna Depalmas dell’Università di Sassari e Francesco di Gennaro già Soprintendente Archeologo di Sassari